Renzi a Smuraglia (Anpi): resto finché ho la fiducia del Parlamento

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Renzi a Smuraglia (Anpi): resto finché ho la fiducia del Parlamento
16/09/2016

Matteo Renzi dal palco della festa dell'Unità di Bologna, dove si confronta con il presidente nazionale dell'Anpi Carlo Smuraglia, coglie al balzo l'occasione: "Finché ho la fiducia del Parlamento resto". Anche Smuraglia non usa giri di parole, sa di giocare in trasferta, e vuole essere chiaro fin dall'inizio: "Ho accettato l'invito, positivo, perché è l'occasione per dare un esempio di civiltà: si può partire da idee diverse" poi ci si deve confrontare "con toni di civiltà". Ma l'intervento dei partigiani nel dibattito sul referendum è stato necessario perché "quando c'è qualcosa che stravolge lo spirito dei costituenti ci sentiamo obbligati, nei confronti di coloro che hanno combattuto per la libertà, a schierarci a difesa della Costituzione". Smuraglia chiarisce un altro concetto: "Se passasse questa riforma sarebbe un danno per il Paese, per questo ci battiamo e non abbiamo altri obiettivi. Il governo cade quando non ha la fiducia del Parlamento non quando lo decide un'associazione". Il premier, che gioca in casa, cerca di non spaccare ulteriormente la convivenza nella famiglia della sinistra messa a dura prova in questi mesi. Consapevole che qualche fischio sarebbe prima o poi arrivato, Renzi è chiaro fin dall'inizio: "Noi rispettiamo le decisioni dell'Anpi, ma vorremmo che fosse rispettata la verità dei fatti. Si può votare sì, si può votare no, ma dire che è in gioco la democrazia è una presa in giro nei confronti degli italiani". Si confrontano poco più di un'ora il leader dei partigiani di 93 anni e il premier di 42 anni. Ad ascoltarli oltre quattromila persone che hanno sfidato il maltempo per seguire l'evento più atteso del cartellone della Festa dell'Unità. Più atteso e più temuto, visto lo spiegamento di forze dell'ordine. Inizia Smuraglia che senza frasi ad effetto, con pacatezza ma anche decisione ha inferto i primi colpi al segretario del Pd, snocciolando i "difetti" dei questa riforma costituzionale. "Per aggiustare il ping pong tra Camera e Senato si poteva fare in una settimana. Questa riforma non va bene, una delle due camere viene ridotta allo zero, invece si lascia la Camera intatta e il Senato vengono meno 200 senatori. Se poi fossero particolarmente specializzati ed eletti dal popolo, ma non è così". E anche la modalità con cui saranno eletti i senatori non si capisce: "in conformità con la volontà popolare non significa nulla, perché le modalità verranno dettate da una legge". Poi stuzzica chi gli siede a sinistra, che nei mesi scorsi aveva legato l'approvazione del ddl Boschi col suo futuro da premier: "Ci si è resi conto che la posizione era pericolosa. Qualcuno deve avergli detto attento, se va male ti tocca andar via davvero. E allora si è cambiato rotta". Renzi, con i suoi modi, ribatte punto per punto. "Il nostro è un Paese con un eccesso di politici e poca politica. Il bicameralismo paritario non esiste in nessun altro Paese e non lo volevano né la Dc né il Pci. Dire che è in gioco la democrazia è una presa in giro per il popolo italiano. Può darsi che lo stile non sia perfetto ma se si ritorna daccapo, l'Italia ha perso un'occasione". E sul cambio di direzione arrivato a fine estate, puntualizza ancora: "Io ho pensato che quella frase fosse un atto di responsabilità. Ma nei mesi estivi tutto il Pd mi ha chiesto di cancellare questo argomento. Non mi sentirete più parlare di questo. Quello che penso sia giusto fare lo tengo per me, quello che è giusto dire lo dico". Un passaggio, durante il dibattito, c'è anche sul tema della legge elettorale: "Non era un ddl governativo l'Italicum, non ce ne può essere un altro" precisa Renzi. Il Pd è pronto a discutere, ma "voglio vedere le carte da quelli fuori la coalizione, Sel, Forza Italia, Grillo, Lega: se avete proposte noi ci siamo, ma non ci prendiamo in giro". La serata uggiosa al Parco Nord di Bologna finisce così: chi aveva caricato troppo di aspettative il dibattito Renzi-Smuraglia "Le ragioni del sì e del no", non ha registrato colpi di scena; chi si aspettava conversioni in vista del referendum costituzionale sarà rimasto deluso, almeno a sentire gli applausi scroscianti agli interventi del premier dagli iscritti del Pd, e da qualche fischio, "buffone" e "vai a casa" arrivato dalle file dell'Anpi, che per l'occasione ha organizzato pullman anche dal Veneto. Ci ha pensato il giornalista Gad Lerner a rimettere il coltello nella ferita più sanguinante di tutte: alle elezioni regionali del novembre 2014 Stefano Bonaccini (Pd) è stato eletto con il 37,7% delle preferenze; nelle elezioni del 1976 in Emilia-Romagna aveva votato il 97,2% delle persone. C'è stato un crollo del 60% della partecipazione. 

 

(ASKANEWS)



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